Negli ultimi anni si è molto parlato di #metoo. "Le ribelli" di Chandler Baker è un thriller che, tramite una miscela di registri diversi, si inserisce nelle dinamiche di un ambiente lavorativo misogino - L'approfondimento
“Dovevamo farci avanti. Solo così potevamo sentire i sussurri”.
Ardie, Grace, Sloane sono avvocati che lavorano alla Truviv, azienda leader nel campo dell’abbigliamento sportivo, a Dallas. Sono professioniste e madri, consapevoli che il vero nocciolo del problema, per loro, sia essere donne in un contesto lavorativo, un handicap che cercano di affrontare ognuna a modo proprio, con l’efficienza, l’ironia, la capacità di destreggiarsi nelle difficoltà della giornata. Molto spesso cancellando la propria femminilità per dimostrare di valere come i maschi: “E se in ufficio un collega ci diceva che avevamo le palle, lo prendevamo per un complimento”.
È un mondo fatto a misura d’uomo, quello raccontato da Le ribelli di Chandler Baker (Longanesi, traduzione di Alberto Pezzotta): un mondo dove gli uomini accettano le colleghe solo se sottoutilizzate anche se iperqualificate, e le donne si sono abituate a questo trattamento, e a sentirsi guardate con sufficienza e commentate di continuo, quando la loro gonna è troppo lunga, e sono dimesse, quando è troppo corta e sono sexy, e quindi, si sottintende, desiderose di attenzioni.
Soprattutto, si sono abituate a doversi vergognare del loro ruolo di madri, che le pone in svantaggio, fragili, umorali, con il freno tirato.
“I figli trasformavano i padri in eroi e noi madri lavoratrici di second’ordine, se non giocavamo bene le nostre carte”.
Ci sono sussurri dentro la Truviv, quando la morte del CEO spiana la strada a Ames Garrett come suo successore. Ames è un capo arrogante, misogino, che nutre di sessismo la sua autorità; è oggetto di chiacchiere da tempo, molte collaboratrici sono state sue vittime, di un’osservazione maschilista, di un’occhiata sprezzante o allusiva, di un’umiliazione, di un rapporto a cui non si è potuto dire di no e che ha portato solo problemi.
Quando arriva la giovane Katherine, la trappola di Ames sembra scattare anche su di lei, come era successo altre volte: una nuova vittima all’altare del suo ego.
“Avremmo solo dovuto bussare una alla porta dell’altra per scoprire come le nostre storie fossero connesse, come tutti i fili alla fine formassero un cappio che ci eravamo intrecciate da sole”.
A un certo punto le donne della Truviv dicono di no: il nome di Ames viene inserito nella lista dei bastardi da cui stare lontane, una lista che circola negli uffici di Dallas e sui social, e che diventa un’anonima condanna.
Quando, improvvisa e scioccante, si sparge la notizia di una morte violenta, forse un suicidio, si scatena la caccia alle streghe, si cercano responsabilità, si punta il dito.
Le ribelli è un libro che si inserisce con ritmo nel filone di narrativa che si alimenta di testimonianze non solo bisbigliate all’interno del movimento #metoo. È un libro di sussurri ignorati, ma anche di bugie, e di rimpianti. E parla non solo di vittime, ma di donne che lavorano, che gestiscono problemi di famiglia, scendono a compromessi con gli orari della giornata e con la vita stessa, subendo trattamenti inadeguati che feriscono. Non sempre solidali tra di loro, impegnate nelle proprie battaglie personali, senza il tempo e la motivazione per fare squadra.
È interessante come Chandler Baker inizi ogni capitolo con digressioni che sono quasi corali, non appartengono a nessuna protagonista in particolare, ma sono un’unica voce, di un universo femminile che si racconta. Questa voce corale connota il libro di una serie di registri diversi, quello più psicologico, umano, doloroso nell’individuare gli ostacoli di ogni giorno, e quello più leggero, ironico e brillante, di chi sa anche sorridere delle proprie debolezze.
C’è il thriller, per un suicidio che forse ha la faccia di un omicidio, ci sono interrogatori, domande della polizia, dei responsabili delle risorse umane, delle colleghe tra di loro e a se stesse: ai propri desideri inconfessati di vendetta, alle proprie frustrazioni, alla propria femminilità nemica della loro autorevolezza.
Alla fine Le ribelli è un libro completo perché, se è realistico nel rappresentare un mondo fatto di misoginia, è però anche onesto nel riconoscere le debolezze e le falsità delle protagoniste verso se stesse, e in questo riesce anche a delineare dei caratteri diversi tra loro.
“Eravamo più dure di quanto sembrassimo. L’unica differenza era che adesso avevamo deciso di non tenerlo più nascosto”.
Nota: la foto dell’autrice è di Eryn Chandler.
Fonte: www.illibraio.it
Commenti