"Fiori sopra l’inferno, I casi di Teresa Battaglia", la fiction (in onda in prima serata su Rai1) tratta dal bestseller d'esordio di Ilaria Tuti, mantiene l’intensità del romanzo, regalandoci una riscrittura che adatta senza stravolgere. Nei panni della protagonista, Elena Sofia Ricci che, grazie alla sua interpretazione fiera e dolente, riesce a far emergere insieme la tristezza privata, la solitudine, la paura di una donna ricca di contraddizioni, ruvida e intrattabile in alcuni casi, ma anche così umana quando può deporre le armi e lasciarsi assalire dal buio dentro di lei...
I libri di Ilaria Tuti si riconoscono subito: le parole sono immagini, evocazioni che fanno lavorare i sensi, emozionano connettendo tra loro i linguaggi. La scrittura è tattile, immerge completamente con una capacità di suggestione che rende la lettura un’esperienza che avvolge.
I libri di Ilaria Tuti si leggono, si sentono sulla pelle, si vedono, arrivano a toccare le corde dell’inconscio.
È per questo che una trasposizione televisiva è un approdo fortunato, che dà corpo a una storia amata, creando sullo schermo ciò che abbiamo immaginato così vivido. Fiori sopra l’inferno, I casi di Teresa Battaglia, la fiction RAI tratta dal best-seller d’esordio dell’autrice friulana (edito da Longanesi come tutte le sue altre opere, poi proposte in tascabile da Tea), mantiene l’intensità del romanzo, e ci regala una riscrittura che adatta senza stravolgere, rimanendo sul piano dell’espressione che è la cifra della scrittrice.
A cominciare da lei, Teresa Battaglia, la profiler a caccia di un serial killer: la Teresa televisiva ha una lunga treccia da amazzone, e la fierezza negli occhi di una guerriera ferita.
La regia di Carlo Carlei rende omaggio al personaggio partendo proprio dal suo spazio intimo: è una Teresa Battaglia che balla a piedi nudi quella che incontriamo, libera di essere senza armatura nella sua casa. È quando viene chiamata sulla scena di un crimine che Teresa Battaglia indossa la sua espressione più dura, per diventare ruvida e intrattabile.
Elena Sofia Ricci fa suo lo sguardo pubblico ostile e indagatore del commissario, la sua smorfia sprezzante e sarcastica, e riesce a far emergere insieme la tristezza privata, la solitudine, la paura di una malattia che inizia a farsi strada, con improvvisi vuoti di memoria, il disorientamento: la sua è un’interpretazione fiera e dolente, che restituisce tutte le sfumature della normalità, e le contraddizioni di Teresa Battaglia, così umana quando può deporre le armi, e si lascia assalire dal buio dentro di lei.
“È un inchino alla vita, questo sentimento che mi attraversa da quando sono arrivata nella valle. Un inchino alla vita e al suo dispiegarsi anche in assenza di luce e di cure.
È lei la più forte, e noi i suoi strumenti”.
Co-produzione Rai Fiction-Publispei, con il sostegno della Friuli-Venezia Giulia Film Commission e la collaborazione della Polizia di Stato, Fiori sopra l’inferno porta sulla scena il paese immaginario di Travenì, un paradiso circondato dalle rocce dolomitiche, al confine con l’Austria, perfetto solo in apparenza.
Gli omicidi terribili che ne traumatizzano la calma portano in superficie segreti nascosti, legami difficili e violenti, sofferenze e oscurità. La comunità si rivela un composto malsano di insoddisfazione e rabbia, un humus diffidente forgiato dall’isolamento.
Teresa Battaglia indaga con la mente e con il cuore, la sua esperienza è fatta dell’empatia con la quale riesce a connettersi con il proprio lato più cupo, che la ferisce: è una capacità di identificazione che la conduce a interpretare e a svelare le menti criminali, ma anche a capire le sfumature di chi la circonda, consapevole che in ognuno si cela un inferno.
Accanto a lei si muovono nell’indagine l’ispettore capo Giacomo Parisi (Gianluca Gobbi) che da anni la conosce e ne sa decifrare le ruvidità e i silenzi, e l’ispettore Massimo Marini, appena arrivato, maldestro nei tentativi di compiacere il capo, che invece si diverte a maltrattarlo, mentre gli insegna le ombre dell’arte di uccidere. Giuseppe Spata, che lo interpreta, ha la freschezza goffa di un pivello, di un figlio che si lamenta e cerca approvazione, e avverte un legame viscerale con una donna che lo respinge e al tempo stesso lo affascina. Quello di Teresa e Massimo è un rapporto che condensa tutte le sfumature dell’accudimento e della genitorialità.
Fiori sopra l’inferno è una storia di anime tormentate: lo è il commissario, con le cicatrici del passato e un corpo che tradisce, lo è anche il giovane ispettore, che si è lasciato alle spalle una vita e più di un dolore. Lo è il “fantasma”, che appare ai bambini del posto, un essere dalla forza e dagli istinti animaleschi, e dall’animo sofferente. La riscrittura televisiva lo libera dai segni di un teschio per farlo diventare una creatura dalle fattezze primordiali, tutt’uno con la foresta nella quale si nasconde.
Vera protagonista, sulla carta e in video, è una natura solenne, non addomesticata dall’uomo: un paesaggio di bellezza arcana, ancestrale, un organismo pulsante, inospitale e suggestivo. È uno scenario onnipresente che nella fiction perde un po’ della cupezza primitiva che Ilaria Tuti riesce a forgiare, e che nelle sue pagine risuona sinistra:
“Era l’ora dei predatori crepuscolari. Uscivano dalle tane e spiccavano il volo dai nidi sui rami più alti e nascosti. La neve copriva gli odori della foresta, rendendo inerte il loro olfatto, ma allo stesso tempo attutiva i rumori di fondo, offrendo all’udito sensibile lo scalpiccio dei piccoli roditori, indaffarati nel sottobosco. I carnivori attendevano pazienti, e quando le prede attraversavano le radure esposte, balzavano straziandole con artigli aguzzi.
La selva era morte silenziosa, lotta impari”.
I bambini al centro di questa vicenda sono tutt’uno con la natura selvatica, anche loro non addomesticati, anime belle: Mathias, Diego, Oliver, Lucia sono segnati dal mondo adulto, dalle loro stesse famiglie, e conoscono anche loro l’oscurità e la violenza, la mancanza e la paura. La loro arma è la lealtà, una fratellanza pura, all’interno della quale affrontano il male che si annida così vicino, con una forza serena.
Di fronte a questi bambini, Teresa Battaglia libera tutta la sua sensibilità sommersa, con la grazia di Elena Sofia Ricci che apre fessure e fa uscire quella dolcezza che illumina il suo buio e la rende capace di umanizzare l’orrore che incontra, consapevole che l’inferno fa parte della nostra esistenza.
Teresa Battaglia è una donna complessa ma normale, che lotta per non perdere il controllo, e per affrontare con coraggio il suo lavoro e i limiti del suo corpo malato: con lei, Ilaria Tuti ha dato vita e volto a un personaggio lontano dagli stereotipi, che sa vedere oltre la superficie, e ci conduce a comprendere la sofferenza più profonda, attorno e dentro di noi.
“«Forse loro vedono il mondo meglio di noi» disse, in un sussurro. «Vedono l’inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno»”.
Fonte: www.illibraio.it
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