Fiabe e favole sono da sempre associate al mondo dell'infanzia: raccontate ai bambini prima della nanna da tempo immemore, sono caratterizzate da un intento morale, una struttura abbastanza standard e una lunghezza breve. Le favole hanno influenzato numerosi scrittori, mescolandosi spesso con la realtà. Alcuni di loro hanno deciso di rivolgersi direttamente agli adulti, modificando, tagliuzzando, copiando e rimpolpando alcuni dei motivi favolistici più famosi...
Fiabe e favole sono da sempre associate al mondo dell’infanzia: raccontate ai bambini prima della nanna da tempo immemore, sono caratterizzate da un intento morale, una struttura tendenzialmente standard e una lunghezza breve. Il lavoro di Walt Disney ha contribuito alla loro visione edulcorata, raccontando lieti fine che, a essere precisi, mancavano totalmente nei testi da cui sono tratte. Sapevate che la Sirenetta, quando camminava sulla terraferma, sentiva a ogni passo un dolore atroce, e che si è uccisa per evitare di uccidere il suo amato? O che La Bella addormentata nel bosco è stata stuprata nel sonno da un uomo sposato? Si potrebbero fare altri esempi…
In ogni caso le favole hanno influenzato numerosi scrittori, mescolandosi spesso con la realtà. Alcuni di loro hanno deciso di rivolgersi direttamente agli adulti, modificando, tagliuzzando, copiando e rimpolpando alcuni dei motivi favolistici più famosi, o creandone una loro versione. Ecco alcuni esempi (non in ordine di importanza).
Michael Cunningham
Un cigno selvatico (La nave di Teseo)
“La gran parte di noi non corre rischi. Se non siete un sogno delirante nel sonno degli dei, se la vostra bellezza non turba le costellazioni, nessuno vi lancerà un incantesimo. A nessuno verrà in mente di trasformarvi in una bestia o di mettervi a dormire per cent’anni. L’apparizione camuffata da spiritello non ci pensa nemmeno a offrirvi tre desideri con la catastrofe nascosta dentro come una lametta in una torta. […] La gran parte di noi può stare tranquilla: riusciremo a rovinarci con le nostre stesse mani.”
L’incipit di Cunningham a questa raccolta anomala di favole è quanto mai (dis)incantato. Dieci favole classiche sventrate, morse, masticate e sputate, riportate o riportabili ai giorni nostri. In ognuna c’è qualcosa di nuovo, un punto di vista, un’ambientazione diversa. C’è un Principe che supplica la bella Biancaneve di prolungare quel momento prima del loro bacio in cui tutto era un mistero, e la fa giacere sotto la teca di cristallo, ogni giorno, a ripetere quella scenetta; c’è un Tremotino che desidera davvero avere un figlio, e nient’altro, e vede sconvolto come la ragazza rinchiusa nella torre abbia accettato di sposare quell’uomo sadico, crudele e straordinariamente ricco del Re, dopo che questo l’ha minacciata di decapitarla se non avesse compiuto non uno, ma ben tre miracoli (la trasformazione di tre pagliai in fili d’oro); e ancora La Bestia, crudele mostro che la Bella salverà poco prima di rendersi conto che, forse, se il ragazzo è stato maledetto, anni prima, ad avere un aspetto orripilante, un motivo ci sarà stato. Tra il Tenace Soldatino di Stagno, gli undici principi trasformati in cigni, un principe rimasto cieco alla ricerca della sua Raperonzolo, Cunningham propone un compendio di realtà dolorose, che lascia l’amaro in bocca.
Clarissa Pinkola Estés
Donne che corrono coi lupi (Frassinelli)
“Il libro di Pinkola Estés dovrebbe essere messo, per legge, sul comodino di ogni donna”. Attingendo alle fiabe e ai miti di diverse tradizioni culturali, Donne che corrono coi lupi è una vera e propria psicanalisi dell’universo femminile: ogni donna ha, dentro di sé, una Donna Selvaggia, intesa come una forza distruttrice e creatrice, materna e ferina, che viene soffocata dalle paure, dalle insicurezze e dai drammi provocati da una società maschilista e misogina. L’autrice, psicanalista junghiana, ha condotto uno studio ventennale partendo proprio dalle fiabe classiche, per aiutare il lettore a liberarsi dalle catene di un’esistenza imposta. Barbablù e la manipolazione psicologica, La Piccola Fiammiferaia e il giudizio degli altri, il Brutto Anatroccolo e la società omologata. C’è la storia, poi l’analisi minuziosa e l’esposizione dei punti cruciali, senza mai cadere nel vittimismo o nella morale.
Andrea Bajani
Un bene al mondo (Einaudi)
C’era una volta un bambino che abitava in un piccolo villaggetto, formato da una piazza, un passaggio a livello, una scuola e poco altro. Il bambino ha un dolore: se lo porta dietro tutto il giorno, se ne sta buono, accucciato sulle sue gambe quando il bambino va a scuola, e per il resto del tempo lo segue. A volte vuol giocare e gli morde le pantofole, ma di solito è un bravo dolore. Anche i suoi genitori hanno il loro: quello del papà è molto grosso, ringhia e morde, se ti avvicini. E dall’altra parte del passaggio a livello vive una bambina sottile, che trasformerà una storia di dolore in una storia di crescita, il tutto con toni favolistici, travolgenti e, manco a dirlo, dolorosi. Il romanzo si presta a diverse chiavi di lettura: che sia un racconto di formazione, il racconto di un viaggio, una fiaba distopica o un ‘racconto della sopravvivenza all’infanzia’ (come ha proposto Niccolò Scaffai ne Il Manifesto), la decisione sta a voi.
Amélie Nothomb
Barbablù (Voland)
La storia di Barbablù ha terrorizzato generazioni di bambine. Barbablù, un uomo crudele e ricchissimo, vive in un castello, solo. Ha avuto sei mogli, tutte scomparse improvvisamente. Nonostante in paese tutti intuiscano la sua natura, riesce a sposare un’altra giovane fanciulla. Poco tempo dopo, Barbablù annuncia di doversi assentare per questioni di lavoro: dà alla moglie le chiavi di casa, la lascia libera di andare dappertutto e di fare quel che vuole, tranne aprire una piccola porta di una camera segreta, che si apre con una delle chiavi del mazzo che Barbablù le mostra. Il resto della storia è cosa nota; Amélie Nothomb sposta il piano della narrazione a Parigi, in un sontuoso appartamento di don Elemirio Nibal y Milcar, uomo ricchissimo in cerca di una coinquilina. Saturnine è la nona, le prime otto sono scomparse. In questo breve libro Nothomb mette in gioco tantissimi temi di attualità: la legittimazione del mantenere i propri segreti, l’atteggiamento masochistico di molte donne innamorate, la ferrea volontà di non cedere ai manipolatori, la perdita totale di giudizio in amore. Se Barbablù è sempre stato il mostro, Nothomb ne propone quasi una difesa. Quasi, però.
Angela Carter
La camera di sangue (Feltrinelli)
Nothomb non è stata l’unica a lasciarsi ammaliare dalla favola di Barbablù: anche Angela Carter, una delle voci più importanti del secolo scorso, ha preso spunto dalle storie di Perrault (e non solo) per scrivere Camera di sangue, una raccolta bellissima e agghiacciante. Dieci racconti, dieci favole rivisitate, che vanno da Cappuccetto Rosso a La Bella e la Bestia, passando per Alice nel Paese delle Meraviglie e Il gatto con gli stivali. Uno dei temi cari all’autrice era proprio la situazione femminile nei contesti sociali più disparati: il loro ruolo nel matrimonio, la sessualità, la maternità, la vecchiaia. Il sesso usato come ricatto e violento, la figura maschile che passa dall’essere il salvatore a essere il cattivo; il potere, essere oscuro e deplorevole, trasforma i più quieti in mostri, i racconti hanno un lieto fine amaro, in cui l’eroina ha la sua vittoria nel constatare la bassezza dell’animo umano. Tranne Bambina di neve. Quello no, non finisce per niente bene.
Antonio Moresco
Fiabe (SEM)
“In questo libro la fiaba non viene rinchiusa dentro la prigione di un genere ma viene fatta sconfinare […]: le ho invase, le ho attraversate, le ho violate, ho fatto irruzione al loro interno, le ho tagliate e in qualche caso le ho continuate portandole a un culmine che mi sembrava avessero dentro di sé”. In un articolo su ilLibraio.it, Antonio Moresco ha espresso una sua dichiarazione d’intenti per questa sua raccolta, da un titolo particolare (Fiabe? Fiabe da?). Moresco divide le favole per temi: la raccolta inizia con le due “fiabe d’esordio” Adamo ed Eva e (indovinate un po’?) Barbablù. Seguono le fiabe “d’iniziazione e di conoscenza”, che riprendono opere di personaggi collegati alle favole in modi meno diretti, come Arthur Rimbaud o Franz Kafka. E ancora fiabe familiari, fiabe politiche, fiabe sull’amicizia, sull’eroismo, sul compianto, sull’amore. Di canonico hanno quasi soltanto l’incipit del genere, il famoso “C’era una volta” che accompagnava i nostri momenti di passaggio dalla veglia al sonno. E la scrittura è di Moresco, perciò una garanzia.
Chiara Gamberale
Qualcosa (Longanesi)
Qualcosa è una favola (illustrata da Tuono Pettinato) di Gamberale molto attuale che spiega come, presi dalla frenesia del fare, abbiamo perso il contatto con la semplicità delle cose. La Principessa Qualcosa di Troppo è esagerata in tutto ciò che fa: piange troppo, si agita troppo, ride troppo, vuole troppo, era diversissima dagli altri bambini, che erano tutti Ragazzini Abbastanza. Figlia di Qualcuno di Importante e di Una di Noi, alla morte della madre si ritrova ad avere un buco al posto del cuore. Non può esprimere il suo dolore, perché è troppo, e si smarrisce, errando nel regno. Incontra il Cavalier Niente e il suo modo di vivere del “non-fare”, e con lui scopre il silenzio, l’immaginazione, l’arte, la noia. E il resto è avventura. Un bel modo per ricordarci del rischio che si corre a voler ossessivamente riempire le nostre vite con cose da fare, anziché fare i conti con chi siamo.
Henry Miller
Il sorriso ai piedi della scala (Feltrinelli)
“Questa è la sola storia vera che io abbia raccontato”, dice lo stesso Miller su questo racconto lungo. Il che è strano, dato che parla di un clown che recita “il dramma dell’iniziazione e del martirio” in cima a una scala. Augusto è un clown geniale che soffre disperatamente il suo essere artista. Testo scritto su commissione dal pittore Fernand Léger, ispirato ai quadri sul circo di Rouault, Miró, Chagall, Seurat e Max Jacob, con un linguaggio favolistico e onirico, la storia di Augusto colpisce il lettore che si perde a fissare il suo sorriso dipinto – letteralmente – sul suo volto. Una simulazione di estasi che nasconde, dentro, un profondo dramma. “È un mestieraccio sollevar la gente dal peso del fardello. Loro sono felici, dopo; ma tu? Tu sei più felice? Certo non ti devi mai far accorgere, per così dire. Devi fare in modo che non sappiano mai che piacere tu ne cavi. Se ti pescano, se scoprono il tuo segreto, sei perduto. Ti chiameranno egoista, dimenticheranno quello che hai fatto per loro. Puoi aver fatto tutto, tu, per loro – esserti letteralmente ammazzato di fatica, attaccato alla stanga – ma se sospettano che tu ne ricavi qualcosa per te, di darti una gioia che da te stesso non ti potresti procurare mai…”
Giorgio Faletti
La piuma (Baldini+Castoldi)
Di favole per adulti si è occupato anche Giorgio Faletti, in un’opera (pubblicata postuma) assai particolare rispetto al repertorio con cui ci ha abituati. Niente thriller, niente sangue, niente suspense, ma il movimento leggero di una piuma, che svolazza ignara della sua esistenza, appoggiandosi delicatamente ad alcuni personaggi. Raggiunge il tavolo dove il Re e il Generale tracciano i loro piani per la guerra al Mezzo Mondo; sarà accanto al Curato che cerca di difendere i contadini dal Cardinale; entra in un Teatro per assistere allo spettacolo della Ballerina dal cuore spezzato. Personaggi che non hanno bisogno di un nome, perché provengono da una tradizione favolistica conosciuta, ma non per questo scontati o piatti. E la piuma viaggia solitaria, tra le bassezze e le ignoranze degli uomini, verso l’unico che saprà capire il senso dell’essere e della sua fine.
Paola Mastrocola
Che animale sei? – Storia di una pennuta (Guanda)
Chiudiamo questo piccolo elenco con Che animale sei? Storia di una pennuta, una perla di Paola Mastrocola. Una favola vera e propria, un testo pensato per i ragazzi ma che viene colto, in maniera diversa, forse, da adulti. È la storia di una piccola anatra, che non sa chi sia perché nessuno gliel’ha mai detto, e dovrà cavarsela in diverse situazioni difficili. Durante il suo viaggio verso la scoperta di sé incontra diversi personaggi che la piccola crederà, di volta in volta, suoi simili: prima pensa di essere una pantofola, poi conosce George Castor, membro del comitato castori-ingegneri, e dunque crede di essere un castoro; poi crederà di essere un pipistrello (grazie al signor Poltron Strel, attivista politico, e il figlio Pipi Strel). Dopo aver incontrato una bambina e un gentile amministratore condominiale, l’anatra viene adottata da Madame Gry e Fenny Cotter, che la mandano a scuola. E proprio lì scoprirà di essere un’anatra. E l’anatroccola andrà a conoscere il mondo degli anatri, si innamorerà dell’affascinante Franco Fondac che, però, la tradirà con l’anatra Isabella la Bella. L’ingenuità dell’anatroccola si scontra con la crudeltà dell’animo “anatroccoloso”, ma il suo cuore ferito verrà riparato dal Lupo solitario. D’altro canto, non è mica vero che gli opposti si attraggono?
Fonte: www.illibraio.it
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