Arriva in libreria una conversazione sincera, non priva di accenti polemici, tra Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, sui temi più scottanti della giustizia in Italia. Su ilLibraio.it due estratti destinati a far discutere. Si parla di intercettazioni, privacy e indagini sotto copertura
Arriva in libreria per Longanesi La tua giustizia non è la mia, una conversazione sincera, non priva di accenti polemici, tra Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, sui temi più scottanti della giustizia in Italia.
Grazie alla loro lunga esperienza nelle aule dei tribunali, due tra i più noti magistrati del pool di Mani Pulite, forniscono in queste pagine non soltanto una diagnosi dei tanti mali che affliggono la giustizia del nostro paese, ma avanzano suggerimenti e proposte di riforma, senza nascondere conflittualità e divergenze d’opinione, talvolta radicali.
Lontani da ogni astrattismo, calati nella realtà della vita quotidiana, i loro interrogativi ci aiutano a capire perché le questioni più delicate e controverse che investono il mondo del diritto – le stesse che hanno ispirato pensatori come Aristotele e Kant, Sant’Agostino e Foucault – ci riguardano così da vicino. È la giustizia, infatti, che traccia i confini della nostra libertà. È la giustizia che indica il grado di civiltà di uno Stato e la cultura diffusa che permea le sue istituzioni.
Ma quand’è che una legge può dirsi davvero «giusta»? Basta minacciare una pena per dissuadere il ladro o il truffatore dal commettere un reato? Il carcere è l’unica soluzione? È dunque più efficace educare o punire? Quanto è diffusa la corruzione in Italia, e come mai, nonostante la stagione di Mani Pulite e le tante inchieste che hanno svelato l’intreccio perverso tra politica e affari, non accenna a diminuire? La macchina burocratica e amministrativa è essa stessa un ostacolo alla giustizia?
Su ilLibraio.it, per gentile concessione dell’editore, due brevi (ma significativi) estratti:
DAVIGO SULLE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA
“Si tratta di uno strumento delicato e complesso. E lo dico a ragion veduta, visto che tempo fa mi sono occupato di una vicenda che si è conclusa nientemen che con la condanna di un generale dei carabinieri. Il rischio, infatti, è di non capire più se la polizia giudiziaria ha infiltrato qualcuno nella criminalità organizzata o viceversa. Perché accade questo? Perché, per loro natura, queste operazioni richiedono talora l’impiego di persone border line. È difficile che un pubblico ufficiale che ha fatto l’accademia e che risponde a una domanda con « affermativo » oppure « negativo » possa riuscire a spacciarsi per un delinquente e frequentare determinati ambienti. Bisogna utilizzare le persone « interposte ».
In questo senso bisogna riscrivere la normativa e prevedere alcune misure di cautela analoghe a quelle che usano gli americani per cui tu, infiltrato, riferisci ogni giorno, per iscritto, al tuo superiore, che cosa stai facendo. Altra questione è l’agente provocatore. Di per sè è una cosa riprovevole, ma se, come ad esempio nei casi di corruzione, interpretiamo il reato come un fenomeno seriale e diffuso, questa figura investigativa può essere utile per eseguire un test di integrità. Certo, non si tratta di indurre in tentazione il singolo, a casaccio, ma di individuare casi specifici, bersagli mirati, come un pubblico ufficiale che ha un tenore di vita non compatibile con la sua dichiarazione dei redditi. Guadagna duemila euro al mese e ha la Ferrari? Perché in questo caso non posso fare un’operazione sotto copertura?”
(…)
COLOMBO SULLE INTERCETTAZIONI E IL RISPETTO DELLA PRIVACY
“(…) Un’altra preoccupazione riguarda la professionalità di chi investiga, si tratti di magistrati oppure no. Da quando si ricorre frequentemente alle intercettazioni, la professionalità investigativa o è scaduta o viene utilizzata di meno. Spesso l’unico strumento investigativo e` costituito dall’intercettazione, accompagnata al massimo dall’osservazione dei movimenti delle persone. E a questo sistema superficiale di indagine si accompagna spesso un costume, purtroppo
diffuso, nella motivazione dei provvedimenti per il quale, come ho gia` avuto occasione di dire, tanto il pubblico ministero quanto il giudice si avvalgono della funzione « copia e incolla », senza una valutazione approfondita del contenuto delle intercettazioni.
Ma torniamo ai personaggi pubblici. Vero è che il cittadino ha il diritto di conoscere tutto ciò che riguarda una persona che ha assunto responsabilità istituzionali. Ma se questa persona non ha commesso alcun reato, e viene intercettata solo casualmente, a mio parere dovrebbe godere del diritto alla privacy come tutti gli altri”.
(continua in libreria…)
Fonte: www.illibraio.it
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