L'arte può aiutare a superare un trauma forte come l'esperienza di una cecità temporanea, che nessuno sa spiegare. Lo sa bene Lisa, protagonista di "Gli occhi di Monna Lisa", sorprendente romanzo di Thomas Schlesser (un caso editoriale internazionale, in uscita in 60 Paesi). Se Lisa ha vissuto quest'esperienza sconvolgente, suo nonno pensa che tra le sale di un grande museo, davanti a un'opera artistica, si possa fare tanto: fermare il tempo, evadere, immergersi in un altrove, interrogandosi sul passato prima di tornare al proprio presente. E affrontarlo...
Come fondere un romanzo all’arte? A leggere la biografia di Thomas Schlesser, appare evidente che tutta la sua vita è permeata di bellezza: oltre a essere storico dell’arte, Schlesser dirige la fondazione Hartung-Bergman, che si occupa di conservare e valorizzare opere, archivi e patrimonio architettonico. Inoltre insegna all’École polytechnique e poi compare un indizio che ci fa capire quanto l’arte possa fondersi con la narrazione: infatti, Schlesser ha già all’attivo biografie di pittori e artisti.
Con Gli occhi di Monna Lisa (Longanesi), Schlesser fa un passo oltre: crea una storia nuova, dove si muovono soprattutto una bambina di dieci anni e suo nonno. E lo fanno per le sale dei musei di Parigi, tra i più importanti al mondo.
Dopo che la giovanissima protagonista, Lisa, viene colpita da una cecità transitoria, il presente e il futuro non le appaiono più allo stesso modo. Il trauma psicologico è evidente, e i suoi genitori cercano una risposta rivolgendosi, come comprensibile, ai medici.
Il padre, Paul, è piuttosto smarrito, preso com’è dalla preoccupazione per gli affari del suo negozio di robivecchi, che rischia il fallimento e che lo ha portato a stordirsi con l’alcol. La madre, Camille, vorrebbe garantire a Lisa una certa serenità, ma non sa come ritrovarla, e allora fa di tutto per celarle le sue ansie, non riuscendoci appieno. Il nonno, Henry, invece, ha un’idea che non sarà forse la soluzione, ma offre un conforto immediato: anziché accompagnare la nipotina da uno psichiatra, come gli è stato richiesto, ogni mercoledì pomeriggio la porta in un museo, a cominciare dal Louvre.
Il suo obiettivo non è quello di compiere un veloce giro per le sale, come fanno tanti turisti; al contrario, ogni settimana sceglie una sola opera, per qualche verso paradigmatica (non necessariamente solo di artisti rinomati). Dapprima i due osservano, in silenzio, e questo è il momento in cui noi lettori troviamo la descrizione del quadro in un paragrafo in corsivo (a cui è sempre suggestivo accompagnare la visione della riproduzione del quadro). Quindi la piccola Lisa pone domande a dir poco argute a suo nonno, dimostrando un «appetito […] già di per sé prodigioso» (p. 69), che supera di gran lunga l’ingenuità che potremmo aspettarci da parte di una decenne. È proprio Lisa, ad esempio, a porre domande sull’ingaggio di un artista o a collegare arditamente quadri visti in sessioni diverse, offrendo al suo amatissimo nonno soprannominato “Dedé” l’occasione per approfondire questo o quell’aspetto.
E lui più volte si chiederà: «come poteva essere tanto fortunato da avere una nipote così straordinaria?» (p. 204). Al di là della commozione, Henry approfitterà delle domande di Lisa per ampliare la riflessione: oltre al quadro in sé, ricorrono riflessioni socio-culturali e storiche sul periodo in cui sono vissuti gli artisti, agganci letterari e rimandi metapittorici, di grande aiuto per mostrarci come esplorare l’arte sia anzitutto immergersi in un contesto. Ma anche evadere dal nostro presente, interrogando il passato, altri problemi, altre donne e altri uomini. Sentendosi meno soli. Perché «dipingere era prima di tutto un atto d’amore» (ibidem).
Avanziamo così tra i capitoli, che testimoniano a loro volta questa duplice matrice saggistica e romanzesca: infatti, sono intitolati a un artista e nel sottotitolo si legge in corsivo un concetto che andrà a chiarirsi via via nella narrazione (ad esempio, il capitolo 26 è intitolato a Claude Monet e sotto leggiamo: Tutto scorre).
L’inizio e la fine dei capitoli sono solitamente occupati dalle vicende famigliari di Lisa, nonché dagli spostamenti di nonno e nipote, dalle piccole e tenere incursioni di Lisa nel negozio antiquario di papà Paul, dalle visite o dalle giornate scolastiche. Al centro dei capitoli spicca il viaggio nella nuova opera artistica.
Questo fa sì che il ritmo di Gli occhi di Monna Lisa risponda all’imperativo di nonno Henry, ovvero a quello di prendersi del tempo per la bellezza, provare prima a guardarla e poi a riflettervi; quindi si torna alla vita, al movimento, alle azioni, agli eventi che non possiamo controllare. E non sorprende, dunque, che Gli occhi di Monna Lisa sia un caso editoriale globale, tradotto in venti paesi prima ancora della sua uscita in Francia: sì, perché dona serenità a chi la legge.
Nell’indagine artistica, piena di curiosità su artisti e opere, troviamo una quieta ammirazione per chi ha saputo trasfigurare la vita, bloccarla in un quadro, eternarla. E accanto a questo filone, seguiamo con tenerezza le vicende famigliari di una piccola e talentosa decenne alle prese con la vertigine di una paura che si può forse imparare a contenere solo col tempo.
Fonte: www.illibraio.it
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